STORIA

Centro di produzione e osservatorio teatrale, luogo d’accoglienza per teatro musica e cinema di qualità, sempre sollecito a sostenere eventi collegati alle emergenze sociali.
Il teatro Galleria Toledo resta autenticamente in sintonia con le scelte programmatiche dei gloriosi primissimi giorni, e prosegue senza divergenze di orientamenti e con costante curiosità d’approcci la sua ricerca drammaturgica, ponendosi tra le avanguardie italiane e extra-nazionali del secondo millennio . In questo quarto di secolo, sulle tavole del palcoscenico di Galleria Toledo tanti gli autori e gli interpreti della cultura contemporanea, tra i quali ci piace ricordare con particolare affetto gli amici indimenticati: Antonio Neiwiller, Leo de Berardinis, Arturo Morfino, Judith Malina, il musicista Gino Evangelista, l’artista visuale Oreste Zevola, il fisico Renato Musto, e non ultimo Amato Lamberti, strordinario sostenitore dei diritti della cultura nell’agire responsabile delle istituzioni napoletane.

Ancora una volta si vuole qui richiamare l’ accorata affermazione di Edoardo De Filippo “Se volete vivere, fuitevenne a’ Napule”. Quelle parole indicavano un malessere dell’arte in una città adolescenziale che ancora una volta aveva fallito il salto in avanti della maturità di un coerente investimento culturale. Ma nonostante questo, o forse proprio per questo, con l’incoscienza di una nuova nascita, prendeva vita la struttura di Galleria Toledo.“Arroccata, in cima alla ripida salita di via Concezione a Montecalvario, la Galleria Toledo è un po’ un santuario.

La sua frequentazione, da parte del pubblico napoletano, ha sempre assunto i caratteri dell’ atto di fede”. Da queste parole tratte da un articolo di Antonio Tricomi apparso su Repubblica qualche anno dopo la fondazione (2004), si ha un’immagine pregnante di Galleria Toledo. In quella ubicazione c’era il senso di una volontà di radicamento nella cultura napoletana e anche di distacco, quel distacco che permetteva di fuggire solo per guardare le cose da una postazione più alta: una postazione che permettesse di coniugare forme di spettacolo diverse – teatro, cinema, musica – linguaggi diversi nell’approccio a compagnie, attori, sperimentatori e studiosi di diversa provenienza, per saggiare la vitalità del mondo dell’arte napoletano. E’ stato infatti spesso un atto di fede quello che ha legato gli spettatori agli operatori di questo teatro che ha sempre interpretato la sperimentazione come ricerca di contenuti e di personaggi che si affacciavano alla ribalta o entravano per la prima volta sulla scena napoletana. Qualcosa di sacro, dice Tricomi, proprio perché fuori dall’uso comune, dai circuiti abusati, dal consumo e dalla civiltà dello spettacolo. E ancora le parole di Tricomi:“Il rinascimento napoletano era ancora di là da venire, di riqualificazione del centro storico non parlava nessuno, la casbah dei Quartieri spagnoli metteva paura. E i fondatori, quasi a sottolineare i caratteri della loro sfida, scelsero un sito impervio, nel cuore profondo dei Quartieri, trecento metri lungo i quali arrampicarsi a tarda sera per assistere agli spettacoli. La struttura nasceva dal desiderio di un luogo teatrale stabile, architettonicamente rappresentativo della formazione poetica della cooperativa, audacemente avanguardistica e al tempo stesso memore del miglior repertorio classico. Uno spazio dunque di raccolta e di riassemblaggio in cui far rifluire i fantasmi e i sogni di un gruppo che intendeva aprirsi alla sperimentazione interna ed esterna.
La sala inaugurò il 4 aprile del 1991 con il film di Tomaso Sherman Le cinque rose di Jennifer, ispirato all’ omonimo testo teatrale di Annibale Ruccello. Scriveva sempre Antonio Tricomi “A evidenziare il nesso tra i linguaggi e le realtà artistiche che la Galleria Toledo intendeva mettere in gioco: il cinema d’ autore, il teatro di ricerca, le nuove drammaturgie fiorite negli ultimi anni all’ ombra del Vesuvio.


Chiamato ad un atto di fede, il pubblico della ricerca teatrale, come quello del cinema d’ autore e della musica alternativa, rispose all’ appello.” Un pubblico curioso, attento, pronto al rischio e assetato di novità: giovani, studenti, professori universitari, professionisti. E naturalmente anche gli artisti, teatranti d’ avanguardia e non solo, vollero essere parte della sfida. Accanto agli artisti della cooperativa, sul palco della Galleria Toledo sono passati Enzo Moscato (che, nato in zona, da bambino frequentava il cinema Cristallo), Toni Servillo, Gino Curcione, Mario Martone, Antonio Capuano, Licia Maglietta, Renato Carpentieri, Andrea Renzi, Sabina Guzzanti, Anna Bonaiuto, Remondi & Caporossi, Santagata & Morganti, Ascanio Celestini, Marco Baliani, Danio Manfredini, Teresa Saponangelo, Carla Tatò, Dacia Maraini, Pier Paolo Sepe, Arturo Cirillo, Sonia Bergamasco, Fabrizio Gifuni, Sandro Lombardi… Ma anche Sergio Bruni, Peppe Barra, Pietra Montecorvino, Marcello Colasurdo, il rocker statunitense Jonathan Richman, gli Avion Travel… E i rappresentanti del cinema “estremo”, che vi hanno presentato i loro film e vi hanno tenuto incontri e seminari: il francese Jean Marie Straub, l’ italiano Silvano Agosti, il cileno Alejandro Jodorowski, l’ argentino Fernando Solanas… Perché a definire l’ identità della Galleria Toledo, nel corso del tempo, è stata l’ idea della multimedialità. Teatro e non solo. Ai Quartieri Spagnoli si vede molto cinema classico e d’ autore, si ascolta il rock meno scontato e più tagliente. Si seguono laboratori, si discute con gli artisti. E spesso capita di annusare il fenomeno, la novità o magari la moda culturale un attimo prima che esplodano. Un attraversamento della rassegna stampa può dare il senso della presenza di questo teatro in un città lacerata, abbandonata, a tratti rassegnata. Come non ricordare una frase che dal popolo giunge fino a Edoardo De Filippo, e sembra essere in fondo il retropensiero di questo coraggioso tentativo? E’ Enzo Moscato che rilegge Ha da passà ‘ a nottata, tentando un percorso attraverso Edoardo De Filippo con Partitura e con Rasoi; poi ci prova Toni Servillo, rivisita Zingari di Raffaele Viviani, terzo “grande autore napoletano ed europeo”. Scrive in quel tempo Giulo Baffi “Toni Servillo con Pasquale Mari, Daghi Rondanini, Ortensia De Francesco, è rinchiuso da settimane nel teatro dei Quartieri trasformato in tenda, abitazione degli zingari che popolano questo frammento del teatro di Viviani…” Questo un debito, quello della continuità e della tradizione, da cui una vera sperimentazione deve partire per non essere semplice vetrina, per caratterizzarsi invece come ricerca. Da qui poi l’apertura progressiva al teatro più dichiaratamente d’avanguardia, con la consapevolezza che ogni rappresentazione non è solo occasione per guardare o pezzo da collezionare, ma strumento per smuovere interessi, consapevolezza, culture. La Galleria Toledo, infatti, non ha mai trascurato il dialogo con le istituzioni, le scuole, le università, attraverso le quali discutere, proporre esperimenti spesso di difficile fruizione. Ogni tentativo ha smosso qualcosa nella città, nella sensibilità dei giovani, nell’interesse degli adulti, nella competenza degli addetti ai lavori. Sul palcoscenico di Galleria Toledo sono ospitate tra le più importanti compagnie teatrali internazionali: Alejandro Jodorowsky con «Opera panica», l’Odin con Eugenio Barba, Peter Brook con la compagnia del ‘Théâtre des Bouffes du Nord’…; e poi la Socìetas Raffaello Sanzio, i Fanny e Alexander, Antonio Rezza, Remondi e Caporossi, i Motus, Marco Martinelli, Valdoca.. grandi e piccoli gruppi già affermati o destinati a affermarsi, portati sulla scena a sperimentare, quasi sfidanti in quello spazio così innegabilmente napoletano, nei quartieri; una strada tragicamente teatrale in cui poter mettere alla prova l’universalità dell’arte; in questa cornice non si deve dimenticare quanto Galleria Toledo si sia proposta come crocevia dell’arte. Nei suoi manifesti, nelle sue pubblicazioni, persino nei suoi locali ci sono tracce di Patrizio Esposito, Mimmo Paladino, Sergio Longobardi, Riccardo Dalise, Marisa Albanese, Oreste Zevola, Cesare Accetta a testimonianza di un percorso corale che ne ha segnato la storia. E non solo teatro. In anni in cui anche il cinema d’essai come tante cose a Napoli sembravano spegnersi, Galleria Toledo lo ha mantenuto in vita attraverso rassegne estremamente raffinate. Dalle retrospettive di Bunuel, al ciclo di fantascienza “Cose dell’altro Mondo”, a quelle di Sokurov, alle varie edizioni di “Doppio Sogno”, al bel progetto dedicato a Guy Debord.. una selezione di alto livello, alternativa ai circuiti cinematografici della città sempre più orientati alla filmografia di massa. Una scelta ancora una volta coraggiosa, economicamente impegnativa, che ha lasciato traccia in varie generazioni per la sua unicità nel panorama culturale della città. Come nel cinema, così nella musica Galleria Toledo si è proposta accogliendo gruppi di giovani e meno giovani sul palcoscenico fuori dai circuiti più abusati, ma anche tentando di superare e di sfondare le barriere del conformismo musicale, con Dissonanzen, Konsequenz, Obsession, sempre luoghi di ricerca pure nella distanza stilistica . Non si può chiudere questa sintetica nota senza menzionare come e quanto Galleria Toledo sia stato spazio di formazione di giovani, oggi operatori in altre strutture e realtà, e come questo impegno prosegua oggi con obbiettivi non meno ambiziosi.