PINOCCHIO
da Carlo Collodi
drammaturgia e regia Laura Angiulli
Con Ginestra Paladino
immagini Mimmo Paladino
musiche originali Pasquale Bardaro
disegno luci Cesare Accetta
«Un pezzo di legno di catasta duro e resistente, ma già entità esigente e percettiva prima ancora di trovare la compiutezza della forma – spiega Laura Angiulli –. Pinocchio è scolpito nella lingua, in quel toscanaccio un po’ monello, in quella lingua bizzarra e scostumata proprio come il personaggio che la pratica, e proprio in questo suono tanto sgangherato quanto insinuante si segna il punto di maggiore interesse allo scorrere delle azioni. Della lingua si diceva: bisogna provare a sentirsela nelle orecchie, sdrucita come ci appare sulla bocca del burattino che tenero e spavaldo come un bambino di difficile conduzione grida e piange, in quella fioritura di sonorità che sono tutto un accompagnamento, e da esse nascono le figure, tante, che accompagnano la storia. Che cosa sarebbe il lungo racconto senza i cri cri, pì pì pì zum zum etcccì…? Senza quel pianto sempre a fior di lacrime che dice di fragilità e di sgomento per l’abbandono, di paura di non farcela e d’impazienza del volercela fare. Questo è Pinocchio di Carlo Collodi, una galleria di personaggi che scorrono come in un rullo, e si colorano in deliziose figure richiamate al nostro immaginario dalla memoria dei racconti d’infanzia, perché i Grilli, i Lucignoli, i Ciuchini parlanti, e i tanti altri compagni di quel viaggio di formazione, assunti a archetipi domestici, a eroi in sedicesimo rivivono in forme letterarie diverse, gustosamente reinventate – oltre l’autore originario – dalla penna e più generalmente da tante narrazioni, significativi contributi che attraversano forme e linguaggi di assoluta varietà».