MISURA PER MISURA
da William Shakespeare
drammaturgia e regia Laura Angiulli
con
Federica Aiello, Giovanni Battaglia, Agostino Chiummariello, Michele Danubio, Alessandra D’Elia, Luciano Dell’Aglio, Stefano Jotti, Gennaro Maresca, Vittorio Passaro Maria Scognamiglio
scene e costumi Rosario Squillace
disegno luci Cesare Accetta
assistente alla regia Flavia Francioso
in collaborazione con Accademia di belle Arti di napoli
Negli anni recenti, Galleria Toledo ha portato in scena sei opere del vasto repertorio shakespeariano; nel prossimo marzo, in occasione del 400esimo anninersario della morte dell’Autore si è scelto di rappresentare MISURA PER MISURA, testo tra i più complessi e trasgressivi, collocato a mezzo fra commedia e dramma. Si tratta, come infatti precisa la critica, di un “dark comedy”.
Un’opera di accentuata contemporaneità nel tracciato della materia che il racconto scenico sviluppa, nell’andamento della struttura drammaturgica, nel mirabile impasto linguistico esibito dai personaggi.
“Shakespeare ci lascia senza fiato dal punto di vista della morale, e sconcertati da quello dell’immaginazione, come se volesse porre fine alla commedia stessa spingendola oltre tutti i limiti possibili, oltre la farsa, ben oltre la satira e forse l’ironia più cruda. Il termine comicità.. non ci è di alcuna utilità quando cerchiamo di caratterizzare Misura per Misura, un dramma così amaro e feroce da non avere simili…” (Harold Bloom, SHAKESPEARE l’invenzione dell’uomo)
Vivacissimo, composito, non di rado sfacciato, l’universo riflesso in Misura per Misura ci mostra una Vienna sregolata e dissennata. Ogni personaggio esibisce un mondo interiore tanto profondo e oscuro da risultare di ardua interpretazione anche all’occhio dello spettatore più scaltro. Come accedere, allora, alla coscienza di ciascuno di loro? Se ciò non è consentito, in dipendenza del tratteggio stesso che ne fa l’autore, come riproporli nel corpo della messinscena? Gli attori riusciranno a fare propria quella opacità – poiché questo è il tratto dominante che li accomuna- su cui Bloom richiama l’attenzione, quasi ciascun personaggio si autorappresentasse “attraverso uno schermo opaco”?
E’ questa la scommessa della regia, cui ci si augura faccia indispensabile riscontro la generosità degli attori.
La storia prende spunto con il volontario allontanamento di Vincenzo, Duca di Vienna, dalla carica che gli è propria, e il conseguente passaggio di ogni potere all’irreprensibile Angelo che, ispirato a rigidi principi, impronta l’amministrazione della giustizia secondo regole di spietata ferocia. Al centro la vicenda di Claudio - condannato a morte per avere resa incinta Giulietta sua sposa segreta- e l’intervento della di lui sorella Isabella, “eroina casta e apocalittica”, la cui bellezza accende di passione Angelo: s’innesca qui il sovvertimento morale di colui che della morale avrebbe dovuto essere garante, con la ricattatoria richiesta di adesione ai suoi “sconci” desideri. Al puritanesimo di Angelo - ormai tradito nei fatti - corrisponde nella ragazza l’incrollabile difesa della propria illibatezza, insistentemente protesa verso la castità della vita monastica. Segue un complesso sviluppo di azioni, e in conclusione il lieto fine, col ritorno del Duca al ruolo di comando, la conseguente salvezza di Claudio e le nozze riparatrici. Tutt’intorno un popolo di prostitute, ruffiani, beoni, praticanti del sesso illecito, che alla rozza e sfrontata sopraffazione delle regole affida il proprio “tirare a campare” nell’abbattimento di ogni confine etico e giuridico; né vengono sottolineati con minore brillantezza il degrado e l’incompetenza della burocrazia, di cui l’eccellente Gomito si fa interprete.